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"La filosofia sta all'Europa come il cinema sta all'America". In questa equazione dal sapore paradigmatico, c'è il perimetro di questo lavoro e probabilmente il DNA di quel Kolossal chiamato "Società dell'immagine". È l'immagine l'oggetto di studio di questo saggio e la variabile "immateriale" capace di riscrivere, ininterrottamente, la geografia fisica e mentale della società contemporanea. Economia, politica, merci, informazione, tutto viene fagocitato da tale forza quasi divina. Alla Storia e alla sua narrazione, sembra si sia sostituito il Quotidiano e il suo spettacolo. L'autore attraversa gli strumenti, e le suggestioni, della sociologia dell'immaginario e mette a fuoco i tre "cavalli di Troia", i Media, la Metropoli e la Moda, che hanno prima cullato e poi irradiato tale processo apparentemente irreversibile. Con uno sguardo foucaultiano, analizza le ricadute di questo processo nella psiche del cittadino metropolitano e lo fa osservando come questo si manifesta nelle sue due radicalizzazioni: i Barboni e i Supereroi. I soggetti totalmente esclusi dai poteri dell'immagine e quelli composti di sole immagini, di solo sogno. I due apartheid speculari dentro i quali i più accaniti abitanti della metropoli sono costretti somigliano molto da vicino a un "Quotidiano Totale" senza possibilità di uscita. Dentro tale "spettacolo" la nostra posizione ricorda tanto quella dell'ostaggio: è obbligatorio sognare, è (quasi) impossibile fuggire.